venerdì 29 gennaio 2010

L'Ipad limita le libertà digitali

Due giorni fa è stato presentato il nuovo prodotto di casa Apple: l'Ipad. Tecnicamente si tratta di un tablet e si pone a metà strada tra un netbook e uno smartphone. A differenza dell'Iphone questa volta i commenti dei fanatici Apple non sono tutti entusiastici e anche i giornali tradizionali riportano alcune mancanze dell'Ipad. Non mi soffermerò qui ad elencarle ma potrete trovare qualcosa in questo blog sull'Ipad. Quasi nessuno si sofferma a notare che questo prodotto ha una CPU con tecnologia TPM. In parole povere il processore è in grado di bloccare l'esecuzione di programmi o file che potenzialmente possono essere dannosi. Detto così sembrerebbe anche una bella cosa, non ha caso TPM sta per Trusted Platform Module cioè modulo per piattaforma fidata, in realtà la scelta di cosa fidarsi è ad appannaggio eslusivo dell'Apple. Ciò significa che in qualsiasi momento Steve Jobs può impedirvi l'installazione di un programma o l'esecuzione di un video solo perché l'Apple ritiene che non è sicuro. Se avete acquistato un Ipad non c'è modo di impedire questo blocco da remoto: dovete fidarvi di chi ve l'ha venduto.
Su internet c'è già una petizione contro questa decisione. "Creando un computer in cui ogni applicazione è in totale controllo centralizzato" si legge nell'appello "Apple sta mettendo in pericolo la libertà per aumentare i profitti".

mercoledì 27 gennaio 2010

Tutti contro il Decreto censura internet

In queste ultime ore sono arrivate parecchie notizie di prese di posizione avverse al Decreto Romani che censurerebbe internet in Italia. L'Autority per le comunicazioni attraverso il suo presidente si è espressa nettamente contro il provvedimento perché, tra l'altro, crerebbe "un caso unico nel mondo occidentale a causa dell'articolo 17 che introduce un'apposita autorizzazione per la diffusione continua in diretta e su internet".
Da rumours dell'Unione Europea pare che la commissione aprirà presto una procedura di infrazione contro l'Italia perché "la direttiva europea sul commercio elettronico vieta obblighi di monitoraggio preventivo da parte dei service provider".
Un appello a cancellare la norma è arrivato anche dal PD al Senato attraverso un documento firmato tra l'altro anche dal giurista Stefano Rodotà che ribadische che "La Rete e' un bene comune e un fondamentale diritto costituzionale".
Il coro di voci contro il Decreto arriva dopo le proteste di Google, degli internet provider e soprattutto del popolo della rete.

Pubblicare video televisivi sul web sarà reato

Il Time l'Italia censura internet come in Cina

Video che spiega l'attacco alla rete in corso

Giulietti e Gentiloni contro il Decreto Romani

Nuovo decreto minaccia Youtube

E ora le multe preventive agli automobilisti

Il web continua a protestare contro l'iniqua estenzione dell'equo compenso a qualsiasi dispositivo in grado di memorizzare che in realtà è solamente una tassa alla SIAE.
Sono divertenti alcuni finti fax inviati a Zeuznews il cui destinatario è il ministro Bondi, firmatario della norma contestata.
C'è chi paragonando l'equo compenso ad una multa preventiva chiede per rimpinguare le casse comunali di varare una norma del genere anche agli automobilisti. Anche loro primo o poi qualche infrazione la commettono quindi appare giusto tassarli ogni anno di 25 euro a prescindere di quello che in realtà poi faranno.
Nella finta lettera del direttore della SIAE questo si arrabbia con il ministro colpevole a suo dire di non aver ampliato anche alle calcolatrici e i pallottolieri.
C'è invece chi ringrazia ed è il proprietario di un sito di ecommerce tedesco che benificerà ancora di più degli acquisti online di italiani che non vogliono pagare il balzello SIAE.

martedì 26 gennaio 2010

Dibattito sulla pirateria digitale

Pubblico l'mp3 dell'intervento di Luca Neri, blogger del sito no-copyright, e Luca Vespignani, segretario della Federazione contro la Pirateria Musicale (Fpm), sul tema del donwloading illegale, trasmesso nel corso della trasmisssione di Radiouno Baobab il 25 gennaio scorso.

Scarica l'audio dell'intervento dal sito No-copyright

Il diritto alla copia personale

Uno dei motivi per cui è stato introdotto l'equo compenso è che questo rende possibile la copia personale delle opere lecitamente acquistate. Ciò significa che per la SIAE è giusto che se una persona acquista regolarmente un cd nel negozio deve nuovamente pagare i diritti se vuole salvarlo sul proprio computer o sul lettore mp3. Ma una persona quando compra un CD cosa compra veramente? Il supporto fisico e quello in esso contenuto o anche diritto ad ascoltarlo? Se si tratta del primo allora non vedo perché non si possa copiarlo liberamente, cederlo ad un amico, scambiarlo in rete. Se si tratta invece del secondo caso allora posso ascoltarlo nella maniera che mi pare: al computer, nell'autoradio, nell'ipod. Tra l'altro molto spesso non si tratta nemmeno di una copia ma semplicemente di un trasferimento per utilizzare come meglio si crede quello che si è acquistato.
Quel che è certo è che la copia per uso personale è ammessa però devi comunque pagare nuovamente la SIAE per effettuarla. Quindi ne consegue che quando acquistate un album originale voi comprate il supporto, il diritto di ascoltarlo su CD e la possibilità, a pagamento, di ascoltarlo anche con un altro tipo di supporto.
Senza considerare che sempre più spesso si sta affermando il download digitale legale. Un utente che scarica un mp3 deve quindi pagare sia per acquistarlo che per salvarlo sul proprio computer.

Aderisci al gruppo Facebook Equo compenso alla SIAE? Ok adesso lasciateci scaricare

L'equo compenso colpisce tutti

Quanto ci costa la SIAE


Nuova tassa SIAE su cellulari e computer

Pubblicare video televisivi sul web sarà reato

Ritorniamo a parlare del Decreto Romani e delle conseguenze che questo potrebbe avere per internet. Chiunque pubblica un video su internet o comunque trasmetta in streaming è trattato alla stessa maniera delle testate giornalistiche, quindi ha responsabilità editoriale. Sono esclusi chi non fa un'attività "principalemente economica" ma al tempo stesso "non ha carattere meramente accidentale". Quindi la legge si presta a molte interpretazioni. Potrebbe significare che sono esclusi quegli utenti che pubblicano ogni tanto qualche video. I videoblogger anche amatoriali invece rientrerebbero nella normativa.
Il Decreto Romani rende inoltre responsabili i provider di ciò che transita nei propri server. A controllare le violazioni di copyright sarà l'Autority per le comunicazioni che potrà censurare i siti italiani o filtrare quelli stranieri come succede in Cina, anche se i filtri sono sempre e comunque facilmente aggirabili dagli utenti. A fare un paragone dell'Italia con Cina è stato proprio qualche giorno fa la rivista Time. L'associazione degli internet provider ha già dichiarato che se "dovesse generare la responsabilità sulla totalità dei contenuti immessi in rete per conto degli utenti stessi, finirebbe col cessare la fornitura del servizio".

Il Time l'Italia censura internet come in Cina

Video che spiega l'attacco alla rete in corso

Giulietti e Gentiloni contro il Decreto Romani

Nuovo decreto minaccia Youtube

lunedì 25 gennaio 2010

Barbareschi ruba da internet

Luca Barbarbareschi nella prima puntata del suo show su La7 ha usato delle battute del popolare sito Spinoza.it. Gli internauti se ne sono immediatamente accorti e hanno protestato, ma il conduttore e deputato PDL risponde: "Questi signori non hanno capito nulla: il nostro programma è crossmediale, punta a mettere insieme mezzi diversi". Non manca pure l'ironia aggiungendo "È buffo che Internet possa prendersi il diritto di saccheggiare contenuti qua e là e se invece io porto Internet su un mezzo generalista come la Tv mi si rinfacci il diritto d'autore".
Insomma Barbareschi copia da un sito dove chiunque può inviare le proprie battute e non cita in alcun modo la fonte e gli autori dovrebbero pure ringraziarlo?
Perché il problema è proprio questo. Le battute di Spinoza sono coperte dalla licenza Creative Commons per quanto riguarda internet e non sono riproducibili su altro mezzo. Avrebbe dovuto almeno citare la fonte o chiedere preventivamente il consenso per citarle in trasmissione.
Quando internet "saccheggia", come lui accusa, l'autore dell'opera è sempre riconducibile. Gli utenti di Spinoza non lo fanno per scopo di lucro ma vorrebbero anche che nessuno guadagni con le loro opere come invece fa Barbareschi.