venerdì 29 gennaio 2010

L'Ipad limita le libertà digitali

Due giorni fa è stato presentato il nuovo prodotto di casa Apple: l'Ipad. Tecnicamente si tratta di un tablet e si pone a metà strada tra un netbook e uno smartphone. A differenza dell'Iphone questa volta i commenti dei fanatici Apple non sono tutti entusiastici e anche i giornali tradizionali riportano alcune mancanze dell'Ipad. Non mi soffermerò qui ad elencarle ma potrete trovare qualcosa in questo blog sull'Ipad. Quasi nessuno si sofferma a notare che questo prodotto ha una CPU con tecnologia TPM. In parole povere il processore è in grado di bloccare l'esecuzione di programmi o file che potenzialmente possono essere dannosi. Detto così sembrerebbe anche una bella cosa, non ha caso TPM sta per Trusted Platform Module cioè modulo per piattaforma fidata, in realtà la scelta di cosa fidarsi è ad appannaggio eslusivo dell'Apple. Ciò significa che in qualsiasi momento Steve Jobs può impedirvi l'installazione di un programma o l'esecuzione di un video solo perché l'Apple ritiene che non è sicuro. Se avete acquistato un Ipad non c'è modo di impedire questo blocco da remoto: dovete fidarvi di chi ve l'ha venduto.
Su internet c'è già una petizione contro questa decisione. "Creando un computer in cui ogni applicazione è in totale controllo centralizzato" si legge nell'appello "Apple sta mettendo in pericolo la libertà per aumentare i profitti".

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